lunedì 5 luglio 2010


La Compagnia Quelli di Archippe nasce dalla volontà di sperimentare il teatro e, in particolar modo, di lavorare sul rapporto tra attore, oggetto inanimato e parola.
L'animazione a vista di oggetti, la comunicazione affidata principalmente al linguaggio visivo e l'interesse per l'arte diventano il metodo privilegiato dalla Compagnia per scandagliare l'uomo, la sua storia e il suo rapporto con la realtà.
Archippe è il nome mitico di una civiltà vissuta per secoli sulla riva di un lago, la cui storia si perde nella leggenda, una civiltà capace di restare indipendente da ogni assoggettamento ma la cui esistenza è da sempre messa alla prova dalla natura circostante. La leggenda del popolo di Archippe, antichi incantatori di serpenti, si alimenta, nei secoli, di nuove nebbie e vecchie realtà.
Così la Compagnia si propone, con i suoi spettacoli, di non fornire delle risposte, perché non crede più nella 'verità', né nella 'realtà', che è un compromesso con cui scendiamo a patti quotidianamente, ma, attraverso il teatro di figura, vuole raccontare storie senza fornire delle risposte.
La forma delle nuvole non significa niente, è inutile riconoscerci dei volti. Magari è proprio osservandole per quello che sono che possiamo darci la possibilità di vedere qualcos'altro, che diversamente ci resterebbe ignoto.

La Compagnia Quelli di Archippe, nata tra l'Abruzzo e il Piemonte, si avvale della presenza di attori, burattinai e musicisti per sviluppare un dialogo interregionale e interculturale che parta dalla tradizione e, alimentandosi delle esperienze dei propri numerosi componenti, possa arrivare direttamente all'Uomo.

sabato 3 luglio 2010

bECKETTGROUNd --> Beckett e Giacometti dialogo nel vuoto.


Con Barbara Chiarilli e Nadia Surrenti

Il Background, lo sfondo, l'orizzonte di questo studio è l'opera di Beckett: un intero cast di clown, vagabondi e sciancati, affamati e laceri che riempiono le sue opere e che sono una comune umanità di sopravvissuti alla vita.

L'opera di riferimento è Molloy, scritto nel 1951, primo romanzo della trilogia, in cui i personaggi principali, Molloy e Moran, impegnati in inutili quanto infruttuose ricerche (il primo è mosso dal desiderio di trovare sua madre, il secondo dalla necessità di trovare Molloy), finiranno per sovrapporsi, in un luogo-non-luogo, il bosco.

Qui l'assenza (tema caro a Beckett) si traduce in musica e l'interscambiabilità de personaggi (altro elemento frequente in tutta l'opera beckettiana) finisce per coinvolgere anche il burattinaio-attore.

Molloy e Moran, spogliati, rovinati, sono vinti da un'impotenza tanto spirituale quanto fisica, per questo i pupazzi appaiono come esili figure consumate e immobili che ricordano quelle che abitano l'opera di Giacometti: uomini che camminano nel vuoto.

Il percorso di Moran alla ricerca di Molloy si può leggere come una ricerca interiore, o forse Moran è lo stesso Beckett che, nel tentativo di cercare il personaggio Molloy per poterlo tradurre in letteratura, finisce per ritrovare se stesso.

E' il cammino tormentato dell'uomo moderno verso la propria identità e che si ritrova a vivere nella complessità del mondo come un buffo eroe escluso e costantemente espulso e che sembra avere il volto di Buster Keaton.
OUR HERO CAME FROM NOWHERE, HE WESN'T GOING ANYWHERE,
AND HE GOT KICKED OUT OF SOMEWHERE

E' il cartello che apre 'High Sign', il primo cortometraggio di Buster Keaton: 'il nostro eroe non viene da nessuna parte, non è diretto da nessuna parte, ma viene cacciato fuori da qualche parte'.