venerdì 20 gennaio 2012

16/01/2012 - Festeggiamenti in onore di Sant' Antonio Abate (Ortucchio)



Ortucchio ha festeggiato sant'Antonio Abate con un calendario ricco di eventi concertato dall'Amministrazione comunale, la Parrocchia, e le associazioni locali. Le manifestazioni si sono aperte nel pomeriggio di lunedì 16 con la preparazione delle cottore (grossi caldai), per la cottura di salsicce, cic rocc e prelibatezze locali accompagnati da buon vino. L'Associazione Quelli di Archippe ha allestito la sua postazione 'rock the cottora' davanti al Castello Piccolomini e, tra le altre cose, ha offerto ai suoi ospiti le migliori cotiche con i fagioli mai assaggiate!












venerdì 13 gennaio 2012

'Fabiano Marcucci, brigante per amore'

Testo di Barbara Chiarilli
Musica di Marco D'Amico

Dopo un susseguirsi di occupazioni violente (dai barbari, ai normanni, agli svevi, agli angioini e agli aragonesi), nel 1860-61, il governo piemontese apparve come l'ennesimo usurpatore. Le cause della diffusione del fenomeno nacquero però, all'inizio, come un fenomeno politico in appoggio ai Borboni e sovvenzionato dallo Stato Pontificio, ma poi assunse un carattere di protesta sociale.
Quando vennero chiamati a votare per il plebiscito di annessione al Piemonte, molti credettero veramente di andare verso la libertà. Ma poi l'egoismo e l'arroganza dei padroni (subito passati dall'altra parta per 'tenere tutto') legittimarono non solo l'amministrazione statale, ma si arricchirono ancora di più quando ci furono le vendite dei beni della Chiesa e del Demanio.
Fu durante l'assedio di Gaeta, cominciato il 4 novembre 1860, che terminò con la capitolazione del 13 febbraio 1861, che ebbe inizio la reazione propriamente detta negli Abruzzi. Ad organizzare i disordinati avanzi dell'esercito borbonica in forti bande reazionarie, furono il colonnello La Grange, il conte de Christen, l'ex capitano di stato maggiore borbonico Luvara.
Ai fedelissimi dei Borboni, si aggiunsero i contadini, che ribellandosi contro i primi, con questi legarono, e si ritirarono sui monti a formare squadre di 'briganti' e a fare 'banditismo'.
Briganti, infatti, potevano essere tutti: il povero bracciante, come il nobile e il ribelle avventuriero; il pastore del tratturo, come l'artigiano intraprendente o squattrinato; il giovane scapestrato, come il frate devoto.

"Uomo si nasce, brigante si muore,
ma fino all'ultimo dobbiamo sparà;
e se moriamo, portateci un fiore,
e 'na bestiemma pe' 'sta libertà"

Fabiano Marcucci nacque nel 1840 a Campo di Giove, ai piedi della Majella. Nell'inverno del 1861 Fabiano fu costretto a darsi alla macchia per una contrastata vicenda d'amore di manzoniana memoria. Così la sua vita divenne quello del brigante spietato e fuori legge, del ribelle, di colui che si trova, con le sue sole forze, a cercare di cambiare il cammino della grande Storia; il suo destino era, come quello degli altri briganti, quelli di finire cadavere, esposto nelle piazze a monito di popolazioni irrequiete... o forse no!


6 GENNAIO 2012. Presepe Vivente e Mercatino dell'artigianato artistico locale al Castello Piccolomini.























mercoledì 9 novembre 2011

OH, OH SANT MARTIN! Storia, mito, tradizione e leggende.

Era un freddo giorno d'autunno. Martino usciva dalla città di Amiens dove viveva quando vide a terra un povero vecchio senza vestiti e tremante di freddo. Martino che era di cuore generoso, si sfilò il suo bel mantello di lana, sguainò la spada, lo divise in due e ne donò un pezzo al vecchio.


Come per magia apparve il sole che si mise a scaldare, come in estate.
Ecco perché da allora il primo periodo di Novembre si chiama "l'estate di San Martino": in ricordo di questo gesto di generosità.


In alcuni paesi come la Svezia e la Danimarca è usanza mangiare l'oca.


Questo uso deriva da una leggenda. Si dice che il Papa di allora volesse fare vescovo Martino a tutti i costi. Ma Martino era una persona umile e non voleva saperne di accettare la nomina. Si nascose così in un convento dove poter pregare e vivere in solitudine. In quel convento c'erano però delle oche che, non conoscendo Martino, e spaventate dalla sua presenza, si misero a starnazzare così forte che Martino fu scoperto. Da allora ogni anno l'oca, per punizione, viene cucinata.


In altri paesi tra cui la Germania vi è l'usanza da parte dei bambini di vestirsi in maschera e fare una processione animata da canti tradizionali, in mano portano delle lanterne di carta che essi stessi costruiscono.


Nella processione a volte è presente una specie di San Martino a Cavallo. Questo succede in particolar modo la sera del 10 novembre. Così agghindati, i bambini girano per le case in cerca di dolci e soldi.


E' tradizione in molti paesi, specie del Nord Italia, considerare questo periodo come la fine dell'anno lavorativo per i contadini. Infatti se il padrone del campo non chiedeva ai contadini di restare per l'anno successivo, questi dovevano fare fagotto, traslocare e cercare un altro luogo dove trovare lavoro e alloggio. E' così che anche in città è sorta l'abitudine di fare i traslochi durante il periodo di San Martino a Novembre: infatti si usa dire "fare San Martino" per indicare il trasloco.


In molti altri paesi l'11 novembre si assaggia il vino nuovo e infatti il proverbio dice "per San Martino spilla la botte del buon vino".


La tradizione vuole che a Ortucchio vengano confezionate le tradizionali "cococce" (in italiano zucche), svuotate del loro contenuto, al cui interno viene posta una candela accesa in modo che la luce che fuoriesce dai fori praticati nella sua corteccia, faccia apparire l'immagine di un viso umano. Molti ragazzi, già diversi giorni prima di tale data, di sera, giravano le case del paese con le "cococce" per chiedere offerte in denaro.


Altro rito, anch'esso suggestivo al pari del primo se non di più, è la tradizionale cena del 10 sera, vigilia della ricorrenza liturgica di San Martino, nella quale viene confezionata la così detta "Pizza di san Martino" o "Pizza Scimia".

Era usanza inserire monete metalliche dentro la sua pasta prima di cuocerla. all'atto del mangiare, poi, colui che le trovava all'interno del proprio pezzo di pizza se ne appropriava.


Questa pizza, che da tempi remoti ha rappresentato un elemento sostitutivo del pane, ha la caratteristica di essere azzima, cioè preparata senza l'uso del lievito, testimoniando una probabile origine dalle numerose comunità ebraiche storicamente presenti in Abruzzo. Può essere chiamata in modo diverso a seconda dei luoghi dove è prodotta: è conosciuta col nome di "pizza Scimia".
Gli elementi costitutivi di base sono:
-farina
-olio extravergine di oliva
-acqua
-sale


Si prepara disponendo la farina su un tavolo e creando un invaso entro cui viene versato l'olio, l'acqua e il sale, quindi si impasta facendo amalgamare bene i componenti. A questo punto l'impasto viene arrotondato e schiacciato fino ad ottenere uno spessore di circa 1,5 cm. Prima della cottura, con il coltello si realizzano delle incisioni lungo tutta la superficie dell'impasto, fino a formare dei rombi. A questo punto, il prodotto così preparato viene steso per essere cotto direttamente sul piano del focolare, sotto il "coppo" ricoperto e circondato di brace.


Insieme alla pizza c'è la tradizione di cuocere salsicce, ventresche e spezzatino di carne di maiale con cui confezionare la "panonta". La carne viene tagliata a tocchi posti sulla pizza di San Martino, divisa orizzontalmente a metà, su cui viene versato l'olio di cottura della stessa carne.



La pizza cuoce sotto il coppo per circa mezz'ora e può essere consumata sia calda che fredda. Il "coppo", una antico utensile da cucina tipico della produzione artigiana locale, è un'ampia e bassa campana in ferro provvista di un manico nella parte superiore.


Qualcuno riconosce nella consuetudine i resti del Capodanno celtico diffuso dai longobardi anche in Abruzzo, insieme al culto per il Santo guerriero .

Ma sono soprattutto i festeggiamenti per il nuovo anno agrario, lo scampato pericolo della fame e la paura per ciò che poteva accadere nel nuovo anno a fare la festa.

Tra i contadini , nel giorno di San Martino si concentravano le speranze della vendemmia e i sudori del lavoro nei vigneti.